Del caso Scazzi si parla ovunque. Non voglio soffermarmi su questo dramma, perché di un dramma si tratta, né sulle sue dinamiche, che hanno portato all’arresto dello zio prima e della cugina poi. Vorrei soffermarmi su un aspetto ancora più terribile se possibile, quello del turismo macabro. Quello delle persone che raggiungono Avetrana per visitare il luogo del delitto o anche solo per dare una sbirciatina al garage dove si è compiuto il dramma.
Ho vissuto un turismo simile qui a L’Aquila, dove ancora oggi centinaia di persone camminano per il centro storico fotografando i palazzi e indicando ai loro figli le crepe manco si trattasse di un parco giochi. Io non riesco davvero a capire cosa possa spingere le persone a comportarsi in questo modo. Personalmente non ho mai avuto alcun tipo di interesse per i drammi altrui; certo, c’è l’informazione, la ricerca delle notizie online, ma non l’accanimento a tutti i costi.
Chi è allora che deve porre dei limiti quando il buonsenso latita? Non credo che la responsabilità sia solo della televisione, che di qualcosa deve pur campare, ma di chi ne crea un caso. Appoggio i telegiornali, appoggio i programmi di approfondimento, ma quando vedo una Barbara d’Urso che passa da “espressione contrita” a “volemose bene” in meno di dieci secondi, la domanda me la pongo eccome: quando finisce l’informazione e quando comincia lo sciacallaggio? Perché siamo così attratti da simili tragedie? Spesso l’unica cosa che manca sono pop corn e coca cola.
Guarda, pensavo che peggio dello sciacallaggio aquilano non potessero fare (cameramen al matrimonio dei terremotati, quello che chiedeva le impressioni a una vecchietta appena estratta dalle macerie…) ma con questa ultima storia mi sono dovuto ricredere.
L’annuncio in diretta della confessione è stato un nuovo livello (basso) nel giornalismo, così come i telegiornali che ormai dedicano venti minuti a edizione a ricordare tutti i dettagli della vicenda. Manca solo che chiedano scusa agli spettatori per non poter fornire un video dell’omicidio, e nemmeno una ricostruzione effettuata da attori.
(E se invece dessero spazio a cose più serie, come i terremotati dell’Irpinia? Ho visto settimana scorsa, a Striscia, che ci sono ancora molte famiglie che vivono in case “temporanee” di legno e amianto, infestate da umidità e ratti. Da trenta anni. Ma non fanno audience come i casi più freschi…)
ci pensavo giusto in questi giorni. oramai conosco bene le dinamiche dei telegiornali: notizia di cronaca nera + reazione indignata della gente = programma di approfondimento, barbara d’urso, massimo gilletti, bruno vespa, eccetera, eccetera, eccetera. Diventa un prodotto da svendere per poter guadagnare soldi e fare share. Eppure purtroppo, il caso Scazzi non è l’unico. Sono decine, se non centinaia, le persone uccise brutalmente in Italia con moventi più o meno pruriginosi. E più le notizie vengono date in pasto ai media, meno saranno pulite le indagini…non vorrei mai stare al posto di quei gp che devono cercare di cavarci un ragno dal buco, e poi si arriva ai processi infiniti con un colpevole mediatico ma senza mai un effettivo colpevole…
Per non parlare delle domande del cavolo che fanno i giornalisti: come dovrebbe sentirsi una persona che ha perso la casa? Felice? Saltare come un pazzo? Non so…
@tanabrus: esatto, sono riusciti a fare di peggio. Oramai è tutto un reality, quindi finzione. Le confessioni vengono ritrattate o modificate in virtù dei servizi televisivi. I programmi d’approfondimento, in qualche modo, aiutano a distorcere gli eventi in favore del “caso umano a tutti i costi”. Per quanto riguarda l’Irpinia, non fatico a credere alla situazione di quelle povere persone. Qui le cose vanno al contrario: ci sono gli alloggi, centinaia, ma non vengono assegnati per motivi burocratici. E il governo continua a pagare gli alberghi inutili.
@Lauryn: evidentemente gli altri casi non sono entusiasmanti quanto “l’incesto/omicidio/pedofilia/necrofilia”. Mi aspetto a breve una serie televisiva!
Posso dire solo, sante parole.
Una buona cosa sarebbe non guardare più quel tipo di televisione che gioca sulla sensazionalità o sulle emozioni che é in grado di scatenare una tragedia. Il brutto é che poi la questione principale appare quasi messa in secondo piano da tutta la speculazione di riflessioni e banalità che vengono imbastite attorno alla vicenda.
Il problema é che la televisione in qualche modo offre ancora programmi interessanti, in mezzo a tutto il ciarpame che ormai infesta anche i telegiornali che dovrebbero essere seri.
Ma, come sottolinei tu, non é solo colpa della televisione in sé. Il problema é che la cultura televisiva ha preso piede un po’ in tutti gli aspetti della vita, nostro malgrado. Senza che ce ne accorgessimo.
Di certo ci vorrebbe un minimo di pudore, ma a quanto pare ormai é un termine desueto ed accostato solo a qualcosa di antidiluviano e restrittivo.
Narelen, esatto. La colpa non è solo della televisione, ma anche di chi la guarda. Sembrerebbe una banalità, però noi per primi, davanti al macabro, fatichiamo a staccare gli occhi dallo schermo. E’ una reazione istintiva su cui la televisione punta tutto.